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Preadolescenza

2024-07-06 16:47

Davide Bertini

Ragazzi, preadolescenza, ragazzi, crescita, cambiamento, educazione,

Preadolescenza

La preadolescenza è una fase evolutiva della vita che si colloca nella fascia di età che va dagli 11 ai 14 anni. La fase del “non più” e del “non ancora”.

La preadolescenza è una fase evolutiva della vita che si colloca nella fascia di età che va dagli 11 ai 14 anni

 

Importante è sottolineare fin da subito che i riferimenti ai periodi evolutivi della vita sono sempre storicamente e culturalmente collocati. Se è vero che oggigiorno in Occidente consideriamo come preadolescente un ragazzino di 11 anni, è anche vero che in altre parti del mondo a 11 anni si è già membri attivi della società. Allo stesso modo, qualche secolo fa anche in Europa i ragazzini erano avviati alle mansioni sociali fin da tenera età. Inoltre, possiamo aggiungere che non si tratta soltanto di un fatto culturale, ma anche la maturazione biologica degli individui ha subito delle variazioni col passare del tempo: basti pensare che nell’Ottocento per le ragazze il menarca si presentava generalmente intorno ai 16 anni, al contrario dei 12 odierni.

 

Fatta questa introduzione necessaria, possiamo dire che la preadolescenza costituisce una fase di transizione, “intensa e veloce”. È la fase del “non più” e del “non ancora”; la premessa all’adolescenza, che più propriamente rappresenta l’“età di mezzo” fra l’esser bambino e il divenire adulto. Se l’adolescenza è quella fase della vita che porta il ragazzo a farsi adulto, la preadolescenza è l’iniziale periodo di mutamento che si genera col termine dell’infanzia e che porta il bambino all’adolescenza, quindi a un periodo di vita non ancora del tutto compiuto. 

 

Sotto questo punto di vista, il preadolescente ha la continua sensazione di “distacco”: allontanamento dal “nido” familiare e relazionale che lo ha cresciuto e inizio di un proprio percorso di identificazione personale. Per questo la preadolescenza è anche un momento di grande conflittualità con le persone che sono più vicine ai ragazzini e che li hanno cresciuti (genitori, insegnanti, parenti, educatori, adulti in genere). È la crisi dell’obbedienza.

Inoltre, durante la preadolescenza avvengono anche degli importanti mutamenti biologici e fisici: la pubertà. L’obiettivo della pubertà biologica (il corpo) è il raggiungimento della maturità sessuale con l’acquisizione delle capacità riproduttive. La comparsa della pubertà biologica è manifestata da: maturazione dei caratteri sessuali primari (accrescimento scheletrico, aumento della statura) e secondari (comparsa della pelosità pubica, sviluppo del seno o del pene e aumento del volume dei testicoli, pelosità del viso, acne, cambiamento di voce nel maschio, etc.). I ragazzini e le ragazzine, dunque, vedono trasformarsi rapidamente il proprio corpo; maturano nuovi gusti e sviluppano il desiderio sessuale; sono “inebriati” da nuovi impulsi e da piaceri diversi. 

 

I mutamenti somatici sono tuttavia accompagnati da una serie di sentimenti che costituiscono la cosiddetta pubertà psichica e connotano il vissuto del preadolescente: insicurezza per una condizione nuova e per di più instabile, data la rapida evoluzione dei mutamenti, perplessità e paura di fronte ad un fisico che sta cambiando e nel quale spesso non ci si riconosce, vergogna. Se da una parte tutte queste novità producono in loro una forte curiosità per se stessi e per il mondo, dall’altra provocano un grande senso di ansia e paura: non riconoscono più il corpo come fatto biologico proprio – quel corpo che, con fatica, erano riusciti a dominare; piuttosto, cominciano a vederlo come “un qualcosa d’altro” da scoprire, studiare, sperimentare. È proprio questo desiderio che muove e condiziona il modo di pensare del preadolescente: il cambiamento costringe a vivere il presente interrogandosi sul futuro; le domande che nascono spontanee di fronte a tali mutamenti sono: “cosa accadrà?”, “come diventerò?”, “chi sarò?”. Il preadolescente, dunque, si trova teso tra il bisogno di staccarsi dal suo essere considerato bambino e il desiderio di divenire adolescente. Inizia a percepirsi come persona in crescita.

Generalizzando i dubbi e le domande ipotetiche che nascono a partire dalla trasformazione del proprio corpo, il preadolescente comincia a interrogarsi anche sulla natura della propria identità. Parallelamente ai mutamenti fisici, dunque, accade anche una trasformazione psicologica. I ragazzini cominciano valorizzare l’intelletto rendendolo una costante del proprio modo di essere, fino ad assumere forme di pensiero più complesse: non più caratterizzate da una linearità “ingenua e innocente” tipica dell’infanzia, ma piuttosto da una modalità di pensare ipotetico-deduttiva basata sulla logica e sulla critica. Questo li porta a maturare delle idee “altre” rispetto a quelle caratteristiche dei luoghi di vita in cui è cresciuto e della cultura specifica del suo gruppo di riferimento. Grazie a questa evoluzione cognitiva, il ragazzino comincia a guardare il mondo “con i propri occhi”: effettua valutazioni secondo modalità di pensiero originali e tenta di “smarcarsi” dai preconcetti acquisiti dall’infanzia per elaborare un proprio modo di concepire le cose. 

 

Allo stesso modo, i preadolescenti cominciano a interrogarsi in merito anche alla religiosità e ai suoi temi, che erano dati per scontati: anche la spiritualità, dunque, tende ad assumere una forma oggettivante. Nella preadolescenza, infatti, con l'accesso ad una più specifica formazione ed informazione religiosa, con la partecipazione ai riti liturgici, con l'adesione a gruppi parrocchiali o, più genericamente, ad associazioni di ispirazione religiosa, il senso di appartenenza viene ad agganciarsi ed ancorarsi ad un organismo religioso specifico, avente una base strutturale storicamente precisata. Questo processo di oggettivazione del sentimento di appartenenza raggiunge l'acme proprio nella preadolescenza, quando le potenziate capacità conoscitive permettono di cogliere compiutamente il senso del tempo e dello spazio e di accostarsi al concetto di «chiesa», di «storia della salvezza», ecc. 

 

Tutto questo denota la pubertà sociale, cioè l’insieme delle evoluzioni relazionali del preadolescente in famiglia (progressiva separazione dalla famiglia), nel gruppo dei pari, nella comunità scolastica, nel gruppo classe. Per i preadolescenti è fondamentale la frequentazione del gruppo dei pari: ampliare la propria rete sociale oltre i confini di quella familiare, incontrare “altri come me ma diversi da me”, fare nuove conoscenze, “gettarsi” nel mondo, confrontarsi e sperimentarsi (sia nel “proprio” nuovo modo di pensare, sia nel “proprio” nuovo corpo). C’è la necessità di trovare un riconoscimento di sé negli altri al di fuori dei confini prestabiliti. Il pensiero è stimolato notevolmente dal confronto con i pari. Il soggetto cerca sempre più occasioni per stare in “compagnia”, momenti in cui stando a contatto con gli altri cerca di verificare se ciò che accade a lui o lei, accade anche ad altri. Esempio: “il brufolo. L’ho solo io oppure anche altri?”. In questo periodo di naturale “disorientamento”, è normale che vengano cercate conferme che possano orientare nella ricerca della propria identità. In tal senso assume grande importanza “ciò che pensano gli altri di me”. In questa parte giocano un ruolo determinante tanto i coetanei quanto gli adulti/educatori.

 

La forte tendenza alla socializzazione facilita anche un primo accostamento al concetto di «comunità». Mentre, d'altra parte, il processo di progressiva emancipazione emotivo-affettiva e la diminuzione della dipendenza psicologica dalla famiglia apre a partecipazioni di gruppo più vaste e soddisfacenti. Così, il bisogno di aggregazione, di affiliazione, di identificazione rassicurante negli ideali e nel comportamento di gruppo trova una facile canalizzazione ed una risposta nelle associazioni religiose. Va però tenuto presente che, nella misura in cui l'affiliazione religiosa viene vissuta dal preadolescente come un retaggio di un'esperienza infantile, di quando si era «bravi bambini», il costituirsi del senso di appartenenza incontra notevoli difficoltà o, formatosi appena nei primi anni della preadolescenza, può entrare in crisi, quando non appaia più funzionale alle nuove esperienze di vita o competitivo con le altre proposte e modalità di associazione.

 

L'oggettivazione del sentimento di appartenenza al gruppo religioso si attua, nell'odierna società pluralistica, in un contesto sempre più competitivo, se non conflittuale. Così il progressivo aprirsi dei preadolescenti e poi degli adolescenti in particolare all'inserimento in gruppi di diverso orientamento, li pone nella necessità di confrontare le proposte che dai gruppi vengono loro avanzate. Il criterio della scelta preferenziale (da cui dipende la forza del senso di appartenenza) è quello della funzionalità psicologica. Il preadolescente sceglierà di appartenere psicologicamente a quei gruppi che gli sembrano fornire una più immediata soddisfazione al suo bisogno di inclusione, di riconoscimento, di autoaffermazione.

I preadolescenti tentano di comunicare il loro cambiamento agli altri sfruttando soprattutto ciò che più lo evidenzia: il loro corpo e un linguaggio confacente al loro nuovo mondo. Attraverso il loro modo di comunicare, con la parola e con il corpo, vogliono dimostrare al mondo che non sono più bambini, che si stanno staccando dalla fanciullezza e vogliono essere grandi, considerati dei grandi. Ciò non significa che siano già in grado di essere adulti, significa però che si mettono alla prova, ci tentano. I preadolescenti vogliono portare un’immagine di sé agli altri: cambio di acconciature ai capelli, vestiario secondo “una” moda”, trucco, eccetera. Le forme di linguaggio mutano: prendono più spazio le volgarità espressive, l’uso del corpo come forma comunicativa, aumentano le relazioni “virtuali” e si cominciano a cercare dei legami sulla base dei propri interessi.

Compito/missione” di ciascun preadolescente è sviluppare la propria identità personale e dimostrare a tutti che esistono: confrontandosi con i coetanei, con la famiglia e con le altre istituzioni sociali. 

 

Tuttavia, la preadolescenza non vede portare a termine il processo di maturazione di una propria identità – che avverrà poi più approfonditamente con l’adolescenza; per questo rappresenta per i ragazzini una fase di vita “brusca”, caratterizzata dal “voglio essere io, ma non so chi sono io”. Metaforizzando, i preadolescenti possono essere visti come dei “piccoli esploratori” appena sbarcati una terra nuova in cerca di una propria identità personale.

 

 

Riferimenti

 

 

 

https://www.example.com/foo.html 2022-06-04